10 novembre 2012

Un altro ancora.



Permettere questa proliferazione inesausta, e infausta, di Centri Commerciali sul territorio come avviene a Selvazzano, rende il nostro tessuto urbano abitativo una specie di ‘Mecca del carrello vagante’ o una ‘Moneyland’ del consumatore compulsivo.

Vivere dentro una città che spinge a fronteggiarci e competere a colpi di sconti concordati, farà magari divertire coloro che usano fare lo jogging tra scaffali, ma è certamente meno gradevole a chi ambirebbe poter usufruire di altre tipologie di servizi più prioritari o necessari.

C’è poi il problema sociale, per non dire emergenza, della desertificazione delle nostre vie e strade causa abbandono dei negozi al dettaglio, strangolati dalla competitività dopata del commercio di massa.
Pensiamo a tutti quei negozi di generi di utilità, sostentamento e conforto da sempre necessari, che prevedevano per la loro fruizione, la semplice dotazione di un normale paio di scarpe o, al massimo, di una bicicletta accessoriata di cestino. E pensiamo soprattutto alla fascia anziana delle persone che vorrebbe ancora vivere in un mondo che rimanesse a propria misura di locomozione.

Trovarsi con le strade prive di negozi, in aggiunta, significa un sempre più scarso interesse verso la manutenzione preventiva delle stesse o una minore necessità di fornire illuminazione notturna adeguata. Significa trasformare centri abitativi vivaci e pulsanti di “storia” in tristi luoghi residenziali con mera funzione da “dormitorio”. E questo non è amore per il catastrofismo sociale o pessimistica visione del futuro urbano, è già una realtà in molte aree dell’hinterland.

La disturbante visione di ipermercati in ogni orizzonte, osservabili da qualunque terrazzo e finestra di casa, rimanda ad un’idea di urbanizzazione commerciale selvaggia, gretta e ormai sorpassata. L’hanno capito da tempo persino gli americani creatori e costruttori, sin dagli anni sessanta, dei loro “shopping mall”.

Così l’unico senso che ci rimane da trovare è che una tale concentrazione di “santuari” sia il frutto di investimenti o movimentazione di capitali più o meno leciti.
Si sente parlare ormai sempre più spesso di: “filiera di prodotti a Km zero”. E qui c’è solo da sorridere.
Gli unici reali Km zero, al momento, sembrano essere quelli che coprono la distanza dai nostri portoni di casa  alle  ampie ante di vetro degli ingressi automatizzati.

E vai con l'inaugurazione.

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